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154 ILIADE 319-348

un cacciatore di cervi: arriva egli tardi, e si cruccia,
320e va per molte valli cercando le tracce dell’uomo,
se mai lo può trovare: ché acuta lo invade la bile.
Cosí, con fiero lagno, parlava ai Mirmídoni Achille:
«Ahi, che parola vana m’uscí dalle labbra, quel giorno
ch’io, nella casa sua feci cuore a Menezio l’eroe!
325Io gli promisi che a Opunte gli avrei ricondotto suo figlio,
con la sua parte di preda, poiché fosse Troia espugnata!
Ma non vuol tutti Giove compiuti degli uomini i voti.
Vuole il Destino ch’entrambi di sangue arrossiamo la terra,
nella pianura di Troia: poiché neppur me nella casa
330accoglierà di ritorno l’antico guerriero Pelèo,
né Teti madre mia; ma qui giacer devo sepolto.
Pàtroclo, ed ora, poiché dopo te devo andare sotterra,
non ti farò l’esequie, se d’Ettore l’armi ed il capo
prima io non rechi qui, del guerrier che ti tolse la vita.
335E prima, tanta è l’ira che m’arde, dinanzi alla pira
dodici eletti vo’ figliuoli dei Teucri sgozzare.
Tu giacerai frattanto vicino alle concave navi,
e intorno a te le donne troiane e le donne dardanie
lagrime verseranno, gemendo di notte e di giorno,
340quelle che noi conquistammo con dura fatica di lancia,
quando le pingui città degli uomini a sacco ponemmo».
     E, cosí detto, impose Achille divino ai compagni
che senza indugio sul fuoco ponessero un tripode grande,
sí che lavasser le piaghe sanguigne di Pàtroclo. E quelli
345posero un gran bacile da bagno nel fuoco fiammante,
e vi versarono l’acqua, bruciandovi legna di sotto.
Tutta cingeva il fuoco la conca del tripode; e l’acqua
vi si scaldava; e quando bollí dentro il lucido rame,