Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/158

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349-378 CANTO XVIII 155

ecco, levarono il corpo, con pingue licore d’ulivo
350l’unsero, empieron tutte le piaghe d’unguento novenne.
Poscia lo poser sul letto, distesero un lino sottile
dal corpo ai piedi, e sopra vi posero un candido manto.
E tutta notte poi, d’intorno ad Achille veloce,
i Mirmidóni lamenti levaron su Pàtroclo spento.
     355E Giove ad Era, sua sorella e sua sposa, diceva:
«Era dagli occhi lucenti, compiuto hai pur ciò che volevi:
tornare Achille piediveloce hai pur fatto alla zuffa!
Sono tuoi figli di certo gli Achei dalle fulgide chiome!»
     Ed Era a lui, la Diva dagli occhi fulgenti, rispose:
360«Quali parole mai, prepotente Croníde, hai tu dette?
L’uom contro l’uomo pure riesce a tramare un suo danno,
sebbene sia mortale, sebbene non ha troppo senno:
e come io, che mi vanto fra tutte le Dive l’eccelsa,
per due ragioni, ch’io prima nacqui, e che sono tua sposa,
365di te che tutti i Numi d’Olimpo governi, come io
contro i Troiani ordire non devo malanni, se li odio?».
     Queste parole, dunque, scambiavano l’uno con l’altro.
E Teti pie’ d’argento, pervenne alla casa d’Efèsto,
stellata, eterna, bella fra quante son case dei Numi,
370tutta di bronzo, che aveva costrutta egli stesso, il Pie’ torto.
E lo trovò che sudava, girandosi ai mantici attorno,
che s’affrettava: stava foggiando dei tripodi, venti,
da stare alle pareti d’intorno a una solida stanza.
Sotto a ciascuno, alla base, disposte egli aveva rotelle
375d’oro, perché da sé movesser dei Numi ai convegni,
poi ritornassero a casa da sé, meraviglia a vederli.
Eran sin qui compiuti; ma ancora le fulgide orecchie
non v’erano: ei le stava foggiando, battendone i chiovi.