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214 ILIADE 260-289

260l’onda fluisce, dinanzi le rotolan tutti i lapilli,
quella, velocemente scorrendo, pel suolo declive
con un gorgoglio scende, precede chi pure la guida:
sempre cosí le ondate del fiume giungevano Achille
benché veloce ei fosse: piú valgon gli Dei che i mortali.
265E quante volte Achille gagliardo coi piedi tentava
stare, ed opporre alla forza la forza, e vedere se tutti
sono a inseguirlo i Numi che reggon l’impero del cielo:
tante un’immane ondata del fiume rigonfio di pioggia
colpiva a lui dall’alto le spalle. E balzava ei furente
270alto sui pie’. Ma il fiume, scorrendo rapace, i ginocchi
a lui fiaccava, e, sotto, dai pie’ gli rubava l’arena.
     Ed il Pelíde un lagno mandò, gli occhi al cielo rivolse:
«Deh!, Giove padre, perché nessuno dei Numi m’assiste,
sí ch’io mi salvi dal fiume? Poi venga qualsiasi sciagura!
275Niun altro dei Beati d’Olimpo è cagione di questo,
ma la mia madre stessa, che me lusingò con inganni,
quando mi disse che presso le mura dei Teucri guerrieri
io sarei morto sotto le rapide frecce d’Apollo.
Ettore ucciso m’avesse, che tutti qui vince in valore!
280Un prode avrebbe ucciso, un prode sarebbe caduto.
Ora è destino invece che a misera morte io soccomba,
chiuso nel fiume grande, al par d’un garzone porcaro,
via dal torrente travolto, mentr’egli d’inverno lo guada!».
     Disse; e di súbito a lui vicini Posídone e Atena
285vennero, e stettero, assunta sembianza mortale; e la mano
strettagli nelle mani, conforto gli diêr di parole.
E cominciò Posídone, il dio dei tremuoti, e gli disse:
«No, non tremare cosí, non ti sgomentare, Pelíde!
Tali noi due Celesti siam qui per te giunti al soccorso: