Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/232

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     Come cerbiatti quelli, fuggiti cosí ne la rocca,
tergevano il sudore, beveano, spengeano la sete,
dietro le belle bertesche sdraiati; e giungevan gli Achivi
presso alle mura, poggiando gli scudi sovresse le spalle.
5Ettore solo fu dal fato di morte irretito,
sí che restasse ad Ilio dinanzi alle porte Sceèe.
     E Febo Apollo intanto diceva al divino Pelíde:
«Figlio di Pèleo, perché le piante veloci affatichi
ad inseguirmi, se tu mortale, ed io sono immortale?
10Sai che son Nume, eppure tu infuri e deliri a tal segno?
Non ti sta dunque a cuore lottar coi Troiani fuggiaschi,
che ne la rocca si sono serrati, e tu sei qui lontano?
Tanto non m’ucciderai, cader per tua mano non posso».
     E Achille pie’ veloce, con grande corruccio rispose:
15«Saettatore, scorno m’hai fatto, oh il piú tristo fra i Numi,
che da le mura qui m’hai tratto: se no molti ancora
prima di giungere ad Ilio mordevan la terra coi denti.
Cosí questa gran gloria m’hai tolto, ed agevole è stato