Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/234

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49-78 CANTO XXII 231

Se degli Achei nel campo son vivi tuttora, il riscatto
50noi pagheremo d’oro, di bronzo, che molto ne abbiamo:
Alte, l’illustre vecchio, gran dote alla figlia sua diede;
ma, se già spenti sono, se son nella casa d’Averno,
grande è l’ambascia mia, della madre: ché son nostro sangue.
Pur, meno acerba sarà la doglia, pel popolo tutto,
55se dalle mani d’Achille prostrato, anche tu non soccombi.
Entra, su via, fra le mura, figliuolo diletto, e fa salvi
uomini e donne d’Ilio: non dare al figliuol di Pelèo
questa gran gloria; e via non gittare la cara tua vita.
E inoltre, abbi pietà di me sventurato, che ancora
60non ho perduto il senno! Ahimè!, che mi vuol su la soglia
della vecchiezza, il Croníde distrutto con duro destino,
vuol tanti mali ch’io vegga, trafitti i miei figli, le figlie
tratte lontano, schiave, i talami al suolo abbattuti,
nella feroce mischia sbattuti i pargoli a terra,
65le nuore trascinate per man dagli Achivi funesti.
Me su la via, finalmente, da la porta i cani voraci
trascineran, poi che l’alma cacciata m’avrà dalle membra,
o saettando, o colpendomi alcuno col bronzo affilato:
qui li allevavo: alla mensa nutriti, custodi alle porte:
70ora, bevuto il mio sangue, crucciati ed irosi, staranno
stesi dinanzi al vestibolo. A un giovane tutto dà grazia,
anche giacere sul campo trafitto dal bronzo affilato:
anche se morto, e qual sia lo strazio, pur, vedilo, è bello.
Ma quando il capo è bianco, ma quando è canuta la barba,
75e le vergogne i cani deturpan d’un vecchio trafitto,
niuna piú triste cosa si dà per gli afflitti mortali».
     Disse il vegliardo; e di bianchi capelli ebbe piene le mani,
che si strappò dal capo. Né d’Ettore il cuore convinse.