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258 ILIADE 260-289

260tripodi, muli, cavalli, giovenchi di valida fronte,
donne, di zone cinte leggiadre, e cinereo ferro.
     Fulgidi doni prima stabilí pei carri veloci.
A chi toccasse prima la mèta, una femmina bella,
sperta di bei lavori, e un tripode duplice d’ansa,
265che ventidue misure capía. Stabilí pel secondo
una giumenta, inesperta del giogo, pregnante d’un mulo,
giunta al sest’anno. Un lebète non tocco dal fuoco, pel terzo
bello, che quattro misure teneva, era candido ancora.
Poi due talenti d’oro stabilí pel quarto: pel quinto,
270un’urna ch’era ignara del fuoco, avea duplice l’ansa.
Poi surse in piedi, e queste parole agli Argivi rivolse:
«Atridi, e tutti voi, Achei dalle belle gambiere,
dei cavalieri in attesa schierati son qui questi premî.
Se per un altro, dunque, dovessimo correre in gara,
275nella mia tenda il primo recare io potrei: ché sapete
di quanto i miei cavalli sugli altri prevalgono al corso,
perché sono immortali: Posídone in dono li diede
al padre mio Pelèo, Pelèo me li diede. Pertanto
io m’asterrò, con me resteranno anche i pronti corsieri,
280poiché d’un tanto auriga perderon la nobile fama,
che mite era, che tanto sovente le loro criniere
tergea nell’onde chiare, spargeva di liquido ulivo.
Ed essi immoti adesso lo piangono, al suolo cosperse
son le criniere, entrambi stan fermi, col cruccio nel cuore.
285Ma disponetevi tutti voialtri alla gara, chiunque
tra voi nei suoi cavalli confidi e nel solido carro».
     Cosí disse il Pelíde: si scossero i pronti guerrieri.
Primo balzò fra tutti, signore di popoli, Eumèlo,
d’Admèto il caro figlio, maestro a guidare cavalli.