Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/274

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649-678 CANTO XXIII 271

l’onor che a me conviene prestar nell’esercito Achèo.
650Possano i Numi darti compenso, qual meglio tu brami».
     Cosí disse. E traverso le turbe d’Achivi, il Pelíde
mosse, poi ch’ebbe tutto l’elogio di Nèstore udito.
Qui, per la pugile gara crudele propose i compensi:
condusse, ed annodò nella lizza una mula gagliarda,
655non doma, di sei anni, quand’è piú penoso domarla.
E pose per chi fosse battuto una gèmina coppa;
e in piedi surse, e queste parole rivolse agli Achivi:
«Atridi, e tutti voi, Achei da le belle gambiere,
per questi premî, due campioni s’invitano a gara,
660quelli che sanno meglio vibrare le pugna. E a chi Febo
dia che al cospetto di tutti gli Achivi, piú a lungo resista,
torni alla tenda il mulo temprato ai travagli recando:
il vinto avrà compenso la coppa di gemine orecchie».
     Cosí disse. E in pie’ surse un uomo gagliardo e membruto,
665figlio di Pànope, Epèo, maestro del pugile gioco,
e su la forte mula posando la mano, proruppe:
«Dunque si faccia avanti chi brama la gèmina coppa;
ma niuno degli Achei presuma di avere la mula,
di vincerla coi pugni, ch’io sono il piú forte di tutti.
670Non è troppo di già ch’io sia men valente in battaglia?
Ma niuno dei mortali può essere in tutto maestro.
Ed io vi dico ciò che compiuto vedrete. Ben presto
fatto sarà ch’io gli ammacchi le polpe, e gli stritoli l’ossa;
e accanto a lui raccolti rimangano tutti i suoi fidi,
675perché lo portin via di qui, poi ch’io l’abbia atterrato».
     Cosí diceva; e tutti rimasero senza parola.
Euríalo solamente si alzò, ch’era uguale ai Celesti,
figliuolo di Mecísto, del figlio del re Talaóne,