Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/305

Da Wikisource.
302 ILIADE 560-589

560la madre mia diletta, la figlia del vecchio del mare.
Ed anche te, so bene, né, Priamo, tu mi deludi,
che qualche Nume t’ha guidato alle navi d’Acaia,
ché non avrebbe osato venire alcun uomo, per quanto
giovane fosse, al campo: sfuggir non poteva alle guardie,
565né smover facilmente la sbarra potea della porta.
Non voler dunque, o vecchio, piú oltre eccitare il mio cuore;
ché io disobbedire non debba al comando di Giove,
e te scacciar, sebbene tu supplice sei, dalla tenda».
     Cosí diceva Achille. E il vecchio obbedí sbigottito.
570Ed il Pelíde balzò dalla tenda, che parve un leone:
solo non già: ché insieme moveano con lui gli scudieri,
Automedonte, l’eroe, con Àlcimo, ch’erano entrambi
cari su tutti, dopo la morte di Pàtroclo, al sire.
Essi di sotto al giogo disciolser le mule e i cavalli,
575condusser nella tenda l’araldo del vecchio sovrano,
lo fecero sedere. Dal carro di solida ruota
tolsero poscia il riscatto ricchissimo d’Ettore. Solo
lasciaron due mantelli, lasciarono un càmice fino,
perché potesse il corpo coprire portandolo a casa.
580Quindi, chiamate le ancelle, die’ ordine ch’unto e lavato
fosse; ma lungi: ché Priamo veder non dovesse suo figlio,
ché poi, crucciato in cuore frenar non potesse lo sdegno,
vedendo il figlio, e Achille dovesse a sua volta crucciarsi,
e morte dare al vecchio, frustrare di Giove i comandi.
585Or, poi che l’ebber lavato, cosperso con olio le ancelle,
gli ebbero cinto alle membra un manto e una tunica bella,
allora Achille stesso lo prese e sul letto lo pose,
ed i compagni insieme con lui lo portaron sul carro.
E pianse Achille allora, chiamando il compagno diletto: