Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/308

Da Wikisource.
650-679 CANTO XXIV 305

650che qui vengono a farmi proposte, ché n’hanno diritto.
Se nella buia notte qualcuno di lor ti vedesse,
lo ridirebbe al pastore di genti Agamènnone; e indugio
nascer potrebbe allora che tu riscattassi la salma.
Ma questo dimmi adesso, rispondimi senza menzogna,
655per quanti giorni pensi che debba durare l’esequie
d’Ettore; e anch’io frenerò, tratterrò dalla pugna le genti».
     E Priamo ad esso, il veglio che un Nume sembrava, rispose:
«Se d’Ettore divino tu vuoi ch’io provveda al sepolcro,
questo dovresti fare, se farmi tu vuoi cosa grata.
660Tu sai che nella rocca siam chiusi, e lontana è la selva
da trasportare legna, ché invade terrore i Troiani.
Vorrei che nove dí nella casa durasse il compianto:
nel decimo vorrei seppellirlo, e alle genti un banchetto
funebre offrire: l’undecimo il tumulo alzar su la salma.
665Il dodicesimo poi, torneremo, se occorre, alla zuffa».
     E Achille, eroe divino, dai piedi veloci, rispose:
«Ed anche questo, sia, vecchio Príamo, come tu brami:
sospenderò pel tempo che tu m’hai richiesto, la guerra.
E, cosí detto, schiuse la mano, e la destra del vecchio
670strinse, perché non dovesse nel seno restargli timore.
E della casa cosí nel vestibolo presero sonno,
l’araldo, e Priamo, entrambi volgendo assennati pensieri.
E nel recesso Achille dormí della solida tenda,
e accanto a lui la figlia di Brise dall’omero bianco.
     675E tutti gli altri Dei, tutti gli uomini d’arme coperti,
dormian la lunga notte, domati dal dolce sopore.
Ma non aveva il Sonno ghermito il benevolo Ermète,
che con la mente andava cercando in che modo potesse
Príamo lungi dai legni recar, deludendo i custodi.