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20cosí tra due sospeso, col cuore trafitto di doglia,
stette il buon vecchio: o se andare dei Dànai in mezzo alle schiere,
oppur verso Agamènnone Atríde, signore di genti.
Questo, poi ch’ebbe pensato, gli parve il partito migliore:
d’andar verso l’Atríde. Frattanto, reciproca strage
25era d’Achivi e Troiani, squillando l’indòmito bronzo
sui petti, al duro cozzo di spade, di lancie affilate.
Ed ecco, a lui di contro, venendo dai loro navigli,
giunsero i tre signori colpiti dal bronzo nemico:
il figlio di Tidèo, Ulisse, e Agamènnone Atríde.
30Ché dalla zuffa lungi, vicino alle spume del mare,
eran le navi loro: ché queste per prime nel lido
furono tratte; ma il muro costrutto vicino all’estreme:
ché non poteva tutte le navi capire la spiaggia,
per ampia ch’ella fosse; ma v’eran stipate le genti:
35le aveano dunque a scala disposte, e rempievan la gola
tutta del lido, quanta era compresa fra i due promontòri.
Ivano dunque i tre duci, di pari, poggiati alle lancie,
volti gli sguardi alla mischia guerresca; e s’empieva di cruccio
nel petto ad essi il cuore. Cosí l’incontrava il vegliardo
40Nèstore; e fece il cuore nel seno agli Achei sbigottire.
E a lui tali parole rivolse Agamènnone prode:
«Nèstore, figlio di Nèleo, gran vanto di tutti gli Atrídi,
perché ti volgi qui, perché lasci la guerra omicida?
Temo che Ettore fiero non debba tener la promessa
45che minacciosa ci fece, rivolto alle turbe troiane,
ch’ei non sarebbe ad Ilio tornato dai legni d’Acaia,
se non li avesse prima bruciati, ed uccisi i guerrieri:
cosí quegli promise: cosí tutto adesso si compie.
Oh sciagurato me, che l’animo han gonfio di bile