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76 ILIADE 618-647

né le poteva spezzare, per quanto egli fosse furente:
ché, a torre essi ristretti, reggevano, al pari di rupe
grande, precipite, che presso il mar biancheggiante si leva,
620e dei fischianti venti resiste alle corse rapaci,
dell’onde immani all’urto, che sopra gli piomban rugghiando.
Cosí gli Achivi, senza timore attendeano i Troiani.
Ed ei, tutto avvampando di fuoco, balzò fra la turba,
su vi balzò, come flutto che investe una rapida nave
625sotto le nuvole, gonfio dai venti, rapace: la schiuma
tutta nasconde la nave, l’orribile soffio dei venti
empie stridendo la vela, sgomenti nel cuore, i nocchieri
restan tremando: ch’ànno per poco schivata la morte.
Cosí l’anima in seno rimase percossa agli Achivi.
630Ed ei, come leone feroce, che piombi su bovi
che stan nei bassi prati pascendo di vasta palude,
innumeri essi, e solo li guarda un pastore, che poco
sa con le fiere a difesa lottar dei cornigeri bovi,
e con le prime file dei bovi s’allinea sempre,
635o con l’estreme; e la fiera si lancia nel mezzo all’armento,
e sbrana un bove, e tutti si sbandano gli altri: gli Achivi
tutti, cosí, per Giove, per Ettore, furono còlti
d’immenso orrore. E il solo Perífete quegli uccideva,
il micenèo, figliuolo di Còprio, che ad Ercole forte
640spesso venir soleva, d’Eurístio recando i messaggi.
D’un padre assai piú tristo, nato era un figliuolo migliore,
d’ogni virtú: veloce nei piedi, gagliardo alla zuffa,
ed era anche per senno tenuto in Micene fra i primi.
Ad Ettore egli quivi superbo trionfo concesse:
645ché, mentre ei si voltava, nell’orlo inciampò dello scudo
ch’egli portava a schermo dei dardi, che ai pie’ gli giungeva.