Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/135

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dagli Orsenigo. 125

trastata la modella o crestaina o guantaja od altro, che si fosse, cui tenne compagnia per un paio di orette, la Ermenegilda Trabattoni, via: non so se Lei se ne ricorda, Lettore! Ma se n’era, proprio, incapricciato, in quell’istante! Ed, invece, per la Radegonda Salmojraghi-Orsenigo, non aveva, mai, sentito nulla.

Potevano o dirsi, esplicitamente, queste cose, o far capire, indirettamente, alla donna? Io, confesso, mi fossi trovato ne’ panni del Della-Morte, ne avrei taciuto; come ne tacque lui. Ci sarebbe volsuto un bel coraggio! Come si fa, per dire, ad una bella donna, che si precipita per noi: - «Vatti a far benedire da chi più t’aggrada! Io non ne voglio saper di te! T’ho in tasca! Figliuola mia, provvedi a’ tuoi casi e liberami del tuo peso. Frusta là!» -

Se l’ipotetico mio lettore, volesse e sapesse insegnarmi questo come, io gli sarei, proprio, riconoscentissimo. Non ch’io corra, pur troppo, pericolo, che, mai, donna venga ad offrirmisi! ma farò adoperare questa soluzione diversa in qualche altra novella, la quale servirebbe di contrapposto alla presente. Caro lettore, sappia Vossignoria Illustrissima, che la mia fantasia è poca e pigra; sarà, presto, esaurita; e, se non mi ajutano, mi ripeterò, maledettissimamente: la mi somministri qualche documento umano: