Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/14

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4 Dio ne scampi

coscienza di lei; e soffre della fiacchezza di carattere, la cui mercè, ella contraddice, con le azioni, a’ suoi principî, non sapendo o consentire con la mente alla pratica universale, cui, pur, si conforma, od astenersi da ciò, che, pur, disapprova.

A me, non diletta il posare a lungo, con la fantasia, su’ particolari d’una tortura morale, più efferata delle materiali, che affermano inflitte, ne’ tempi andati, dall’Inquisizione; e, quindi, non descriverò, minutamente, le grandi e piccole sevizie, codarde tutte e sempre, che una cotal signora adopera nell’uomo, caduto in sua balìa. Come si sia, daccapo, ogni giorno, a ricominciarne la conquista. Come darà poste ed appuntamenti: ma per mancarvi, poi, sopraggiunta da rimorsi; o per venirvi, con indugio, armata di difficoltà, di ma, di se, di non posso, di mai più, di bisogna finirla, di piuttosto morire, negando, persino, a’ baci, la mano inguantata. Nuove scuse, nuove scappatoje, nuove tergiversazioni, nuovi pretesti, di continuo: ieri, metteva in campo messer Domineddio; oggi, allega que’ moccicosì de’ figliuoli, che non può più abbracciare, senza arrossire; domani, occorrendo, uscirà fuori, persino, col marito. Per costui, fra le pareti domestiche, mille riguardi, ogni arrendevolezza, dimostrazioni d’affetto senza fine: per l’amante,