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198 | Dio ne scampi |
rizio; riandava il colloquio avuto, pur dianzi, con l’Almerinda; aliava intorno alla sua povera Clotilde. Alzò gli occhi rossi, in volto, all’amico, abbozzando un sorriso schietto: - «Sei, già, qui, di ritorno? Pranzi in casa, oggi?» -
— «Dimmi, Radegonda, ti ricordi cosa m’hai detto, stamane?» -
— «Che cosa?» -
— «Mi hai fátto una profferta.» -
— «E mi hai dato il cruccio, di non accettarla.» -
— «Cosa diresti, se, adesso, ti pregassi di prestarmi quel denaro?» -
— «Direi, che... Ma tu burli?» -
— «Che! non l’avresti più? Diamine!» -
— «Io no! Tieni, l’ho, ancora, in tasca, nella busta e col bigliettino del Mondolfo. Se li vuoi, davvero, que’ quattrini...» -
— «Me n’è sopravvenuto un bisogno urgente, che ti dirò, poi.» -
— «Davvero, li vuoi? o scherzi?» -
— «T’assicuro, che ho tutt’altro che baje, per capo.» —
— «Eccoli.» -
— «Grazie.» -
— «Bugiardo! Tu non n’hai bisogno; so! so! Non riesci a burlarmi! sono avvezza a leggerti i pensieri in fronte. Quanto sei buono!