Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/228

Da Wikisource.
218 Dio ne scampi

sfavillanti, sebbene, ancor, lagrimosi: — «Oh Maurizio» — rispose — «cosa dici? cosa dici, mai? La felicità mia è, nello starti accanto; è, nell’esser tollerata, da te. Io sono la più lieta donna del mondo, se tu m’ami; e non cambierei... con la più ossequiata madre. Infelice, io? quando so, che non debbo, più, temere per la tua vita? quando tu hai arrischiata questa vita, per un insulto, a me fatto? Infelice, io? Non potrei dirmi tale, se non il giorno, in cui mi scacciassi.» —

Ed il giovane, che aveva mentito benevolenza, per non sembrare ingrato, pensava: — «Ma se lo dicevo io, che non c’è verso, di liberarsi da una donna, che si sacrifica, per noi? Chi m’insegna il modo di disgustarla di me? Chi m’insegna, come far cedobonis di tanta felicità?» —

Della sorella dell’Almerinda, Berenice, e di quel, che le avvenne, osservandissimi lettori e lettrici, narrerò - un’altra volta, con comodo, quandochessia.