Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/28

Da Wikisource.
18 Dio ne scampi


IV.


I fratelli Scielzo eran quattro: due in artiglieria, che, a Napoli, si vedevan, quindi, rado assai; e due in fanteria, che servivano nello stesso Reggimento e Battaglione, sotto un maggiore lombardo, Babila Salmojraghi, amatissimo nel corpo e de’ più assidui in casa Ruglia, de’ più devoti a Donn’Almerinda. E Babila Salmojraghi aveva un fratello, per nome Gabrio, banchiere o negoziante, non so più cosa, a Milano; e si volevano un gran bene, come, pure, qualche rara volta, accade tra fratelli. Da lunga pezza, non s’erano abbracciati, come portò il gravoso servizio per la repressione del brigantaggio; ed il banchiere, cedendo alla ressa amorevole del germano, deliberò di venirsene, per un mesetto, a Napoli, con mogliera e figliuola, per vedere quella città cospicua e distrarsi dalle cure del suo negozio. Cara donnina quella su’ moglie! piccola, con un par d’occhioni di que’ neri neri; pallida, con lunghi capelli, con un sorriso, che ti andava al cuore e ti mostrava una dentaturina, bianca al pari dell’avorio; con un pieducciuolo, che avrei tutto raccolto nella palma della manaccia mia. Si chiamava Radegonda Orsenigo, di chiarissima prosapia, facoltosissima; un po’