Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/71

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dagli Orsenigo. 61

rivelazione bella e buona; un alzarsi del sipario e mostrare uno spettacolo tremendo, splendido, inatteso, affascinante; una nuova chiave per ispiegarsi il mondo e lo scopo nostro e le pretese, che possiamo accamparvi, in modo tutt’altro, che non avesse fatto, sin allora. Interrogò l’Almerinda; osservò Maurizio. La signora Ruglia-Scielzo ripigliava, rifioriva ogni giorno, come chi si rià di una lunga malattia; aveva le gote rosse ed il guardo umido di chi, dopo aver combattuto, lungamente, pallido, un pericolo, si sente, alla fin fine, salvo e sicuro. Era entrata in piena convalescenza morale. Ebbene, la Radegonda se ne scandalizzava; e sì, che tutto era opera sua. Non sapeva capacitarsi, che ad altri tornasse tanto facile lo smettere la sublime abitudine della passione, del rimorso; più facile, che non torni all’infimo de’ beoni il rinunziare all’ubbriachezza! E che, poteva disapprendersi, così presto, quella scienza invidiabile? Chi era stato tanto agitato, rassegnarsi, anzi compiacersi, nella pace assoluta e piena, nella ignobile apatia? cicatrizzare, con tanta rapidità, una piaga tanto profonda? e non lasciar maggior orma che una gondola, solcando il queto stagno? Quasi quasi, avrebbe perorata, presso l’amica, la causa del povero Della-Morte. Questi le ispirava una pietà, mista di venerazione, come