Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/76

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66 Dio ne scampi

suaso e convinto delle ragioni, che l’avevano spinta a rompere, non si permettesse nessun tentativo per riappiccare la tresca, non avesse alcuna insistenza di cattivo gusto, non facesse un atto, non si lasciasse sfuggire una parola, tale da comprometterla. Quel giovane aveva, ancora, del buono: d’una bassezza non era capace. Occasioni di rivedere la Ruglia-Scielzo mancarono con la partenza degli ospiti milanesi, perchè la persuase il marito a chiedere un congedo e ritirarsi, per qualche tempo, in villeggiatura, protestando di aver bisogno dell’aria di campagna. Il commendatore acconsentì, quantunque gli costasse di rinunziare a’ suoi quotidiani sonnerelli nella poltrona da magistrato; ma gli sarebbe costato, anche più, l’opporsi ad una volontà della moglie. E, poi, di poltrone se ne trovano dappertutto, sebbene non dovunque si abbia il grato mormorio, gli scrosci ed i sibili dell’eloquenza forense per cullare i sonni! Lì, fra la pace campestre, l’Almerinda tutta riacquistò la pace interna, e tutte dimenticò le miserie della vita; e divenne quel, che aveva, sempre, ambito di essere, la madre-famiglia austera, l’operosa massaja, esclusivamente dedita alla casa ed a’ figliuoli e non curante d’ogni cosa al mondo, che non si riferisca a queste.