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superare le geste d’Èrcole e di Sansone... ero, infine, ubbriaco di gioja! Arrivo, tutto trionfante, al quarto atto nel quale Orosmane, credendosi tradito, ordina al suo confidente Corasmino di andar a uccidere sull’istante l’infida Zaira con queste parole: «Va, corri, amico mio: va, corri, reca all’indegna questo foglio iniquo, e poi ... cadi svenuta ... (se non che, pentendosi, aggiunge) ma prima di eseguire ... Odimi! ... (Corasmino non l’ascolta) ... Aspetta!».
Questo «aspetta», detto con tutta la vibrazione dell’anima e della voce, fece si che si spezzasse la cintura che teneva costretti i miei larghi calzoni alla vita, e, piano piano, giù ... giù, me li sentii calare fino al collo de’ piedi.
Che dirti, o mio lettore? ...
Ero perduto! ... Causa l’ingombro de’ calzoni non mi potevo muovere, e dovevo pur finire latto e uscire da quell’orribile posizione! ... Se il teatro, in quel momento, mi fosse crollato sul capo, ne avrei provato meno dolore ! Che fare?! Mi trascinai a piccoli passi, e come meglio potevo, fino al divano, posto in mezzo della scena: mi misi a sedere, e, prendendo una pelle di tigre che si trovava a terra, me la posi a traverso il corpo, a ciò facesse l’ufficio