Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/324

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come lassù?

— Certo!

— Falle un po’ di predica. Vogllo vederla correre; sentirla, cantare....

Infatti egli mi lasciò ancora solo con lei alla ringhiera, appena essa ebbe riposta nella camera della madre la roba portata di sopra.

— Ortensia — le dissi francamente. — Bisogna dimenticarla e riamare la vita!

Esclamò:

— Dimenticare? Ma la mia vita è nei ricordi!

Voglio ricordare tutto il bene che ho perduto, tutto il male che ho imparato! Quando non comprendevo nulla, quand’ero una ragazza senza giudizio, godevo di essere così; ora godo d’aver sofferto e di soffrire! Non c’è anche la voluttà del dolore? Io almeno, la provo. Voi, no?

E sorrise diversamente, cercando invano di mitigare quell’acerbezza. Proseguì:

— Sivori adesso mi consiglia una cosa da nulla: amare la vita! Andiamo! ditemi voi come si fa.... Che cosa si deve fare per mettere in pratica il vostro consiglio?

— Amare! — risposi. Non avevo trovata altra risposta; e il rossore che mi corse al viso e il tremito della mia voce le dissero quanto io l’amavo ancora.

Mi fissò; vedendo che non s’ingannava chinò gli òcchi. Indi riprese:

— Sarà un destino anche questo: che non s’intendano fra loro neppure le persone più affezionate. O la colpa è sol mia? Certe volte non comprendo nemmeno mio padre. Sono cattiva! Non comprendo come mio padre possa scherzare, fingersi allegro. E la fede della mamma, la sua