Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/56

Da Wikisource.

— 54 —

Ripeto: tutto ciò, o per vista o con immaginazione positiva, io avevo osserviate con «occhio clinico»; avevo inteso con scientifica penetrazione, misurato e valutato con razionale precisione, senza turbamento alcuno! Anche il grido d’Ortensia e di Marcella, e l’accorrere di Claudio, e le lagrime di Eugenia tutto, tutto «naturale», tutto «necessario», come la «funzione» d’un qualsiasi organo, o l’andamento di una qualsiasi macchina! II miglior amico dei Moser era rimasto impassibile alla loro angustia. Non solo: io avevo taciuto ciò che, per aver previsto, avrei dovuto consigliare evitando agli altri un’apprensione grande, e un pericolo, forse, ad Eugenia....

Pensai allora, in quegli istanti, che anche un delitto in me era possibile.... Possibile? Per provar rimorso indietreggiai nei ricordi; riflettei sul diritto che aveva Claudio alla mia gratitudine e al mio affetto: niente!... Rammentai la bontà di Eugenia....: niente! Il mio cuore era sordo; il mio cuore era incurabile!...

— Rientriamo? — ripeteva insisteva Claudio.

Eugenia pregava:

— Ancora un poco....: dite, Sivori?

— Ma sì!; un poco....

. ... Ah che respinto del tutto in me stesso, non cercavo più che me stesso, disperatamente!

«Anche un delitto era possibile». Con rapida, ansiosa riflessione, volli accertarmi del mutamento in cui per qualche giorno avevo confidato; tutto quel che avevo detto e fatto ricercai con la disperazione di chi comprende d’aver tentato invano; e non vorrebbe credere....

Invano avevo ripreso l’esercizio della volontà; invano mi ero raccolto, per dimenticarmi, in azio-