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gersi a ruzzare per le strade o, accovacciati in luridi abituri, crescere luridi e salvatichi. Cavour stesso, quello che egli chiamava il padre d’Italia, avuto di ciò notizie, gl’inviò un telegramma per promettergli ajuti e per significargli la riconoscenza dell’animo suo; di che egli se ne tenne molto onorato.
Dopo passati parecchi anni il povero Alfonso, non potendo durarla in quell’ardore straordinario, sentì il bisogno d’un po’ di ricreazione al suo corpo spossato; e, non potendo più lui andare dai bambini, fe’ venire, direi, i bambini dove andava lui. Presa a pigione una casetta su un’amena altura, di dove si godeva un bellissimo cielo e la vista di Napoli, in compagnia di quattro di quelli, pigliati fra i più poveri e abbisognosi, vi si raccolse, fondando come a dire lassù un altro piccolo asilo. E facendo scuola, e menandoli a spasso per l’ariosa campagna. e mangiando a uno stesso desco, e pregando insieme con loro, e la sera lui medesimo componendoli a letto, e la notte destandosi per guardarli, così, senza intermettere le sue opere caritatevoli, passò tutti quei giorni in grande giocondità e godimento dell’animo.
Ricuperata alquanto la sanità e tornato a Napoli, ripigliò l’antica vita di andar per le vie e le case per destare un po’ di fervore per gli asili, di vigilarli, di leggere libri e procurare notizie per ridurli a perfezione più che poteva. Anzi, pensando che i fanciulli usciti dagli asili perdevano quasi in tutto il bene che aveano