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Pagina:Intorno alla Strada Ferrata dell'Italia Centrale.djvu/14

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È frattanto manifesto che la minor lunghezza della linea Pistojese non da altro dipende che dallo ammettere per Kil. 16.560 la pendenza del 28.85 per mille 1/35 (Vedi n. II pag. 8) e con lunghezza uguale alla nostra Kil. 102 da Pistoja a Bologna si avrebbe nullameno su quella direzione la pendenza del 16 a mille 1/6250 per salire l’Appennino, mentre l’inclinazione della nostra strada nel tratto corrispondente è soltanto dell’11.54 per mille. Or dunque se volesse ridursi al 16 per mille l’acclività della via in val di Bisenzio essa diverrebbe più breve di Kil. 14, e se potesse ridursi la linea della Val-d’Ombrone alla minor pendenza dell’11.54 per mille converrebbe prolungarla d’altrettanto. Insistiamo sul raffronto di queste cifre, comecchè possa riuscire arido, ed anche increscevole a qualche lettore, per dedurne la ineluttabile conseguenza che a parità d’inclinazione la nostra via offrirebbe il ragguardevole risparmio di Kil. 14 di lunghezza; e che a parità di lunghezza essa offrirebbe l’attenuamento del 4.46 per mille nella pendenza. Quegli che conoscono alcun poco le condizioni di costruzione, e d’esercizio delle vie ferrate comprenderanno tutta l’importanza di poter conseguire o l’uno, o l’altro di tali vantaggi; ma non sarà inutile dire che l’accorciamento di Kil. 14 porta oltre al risparmio di mezz’ora di cammino quello di un capitale di quattro milioni almeno di lire nella costruzione della via; mentre il menomare la pendenza del 4.46 per mille permette aumentare ogni treno di quattro a cinque vagoni carichi di viaggiatori, o di merci. Queste conseguenze tragghiamo dalle cifre altimetriche, ed esse bastano a confutare la speciosa dislettica di quegli che non vergognano discorrere sul serio di così grave questione, senza mai avere esplorata dall’imo al sommo l’una, e l’altra valle, e senza essersi giammai procurati dati altimetrici, se non con altro, con un Barometro almeno.

Il terreno sul quale deve formarsi la strada è solidissimo sopra tutto il versante meridionale dell’Appennino, ed anche sulla opposta pendice fino presso Castiglioni. A questo punto si trovano nuovamente gli ammassi argillosi, ma meno alterati e sommossi di quelli della Valle del Reno, in special modo sulla sinistra della Setta. Evvi dunque nei caratteri generali del terreno analogia con la linea Pistojese; ma non dubitiamo assicurare, che tanto sull’uno, quanto sull’altro versante dell’Appennino si riscontra nelle nostre valli una stabilità maggiore. Non ignoriamo essersi detto, e dirsi tuttora dai sostenitori della linea per Ombrone, e Reno, che quanto quell’andamento è inferiore al nostro sul fianco meridionale dell’Appennino, altrettanto è preferibile a settentrione, dacchè il primo entra nella maggior valle, quella del Reno, il secondo in una valle secondaria, quella cioè della Setta: così dimimulandole cuoprono le gravi difficoltà con un principio vero sempre, se bene applicato, assurdo se invocato male a proposito. La valle principale è, nessuno lo nega, necessariamente più ampia, e meno pendente confrontata tronco a tronco con quelle dei suoi influenti: ma ben altrimenti sarebbe quando si volesse confrontare il tronco superiore dell’una, cogli inferiori delle altre. Così la Setta dalla sua confluenza col Reno alla Madonna del Sasso fino alla foce del Bresimone a Pian-di-Setta,