Pagina:Invernizio - La trovatella di Milano, Barbini, Milano, 1889.djvu/118

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una così orribile confessione, forse avrei della compassione per voi, potrei perdonarvi, ma piuttosto che seguirvi, rinnegare chi mi ha dato più della vita, mi ucciderei.

Era chiara, risoluta: l’espressione del suo viso... mostrava abbbastanza che non mentiva.

Il conte pure si era alzato e per un momento padre e figlia si tennero di fronte, guardandosi fissamente negli occhi; egli con una cupa rabbia nel cuore: Maria cercando dentro di sè la voce del sangue e non trovando che il grido della repulsione.

— Non vuoi dunque proprio nulla da me? — disse il conte a denti stretti.

— Una sol cosa: che mi dimentichiate.

Egli non aggiunse parola; si diresse lentamente; verso l’uscio; forse sperava all’ultimo momento che la figlia lo richiamasse, ma la giovine rimase immobile, muta presso la popolana.

Il conte si morse le labbra e se ne andò sbatacchiando la porta.

Allora Annetta stese verso la giovine le sue mani scarne e tremanti e con un’angoscia dolorosa, che rendeva la sua voce fievole, velata.

— Non ti pentirai un giorno — balbettò — di esserti mostrata inesorabile, d’averlo respinto? Non rimpiangerai le ricchezze alle quali rinunciasti?

— Ma non vale il tuo cuore più di tutte le ricchezze del mondo? Chi non andrebbe orgogliosa di chiamarsi tua figlia? Io rimpiango di non averti amata, apprezzata abbastanza, come meritavi: io