Pagina:Invernizio - La trovatella di Milano, Barbini, Milano, 1889.djvu/83

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fatto male cangiar nome, ma di questo non devo renderne conto a te. Mi dicesti più volte esserti innamorata della mia persona, non del mio nome: che importa dunque mi chiamassi Gabriele o Diego? Infine ti ho io usata violenza? No... mi è bastato aprire le braccia, perchè tu vi ci gettassi. È inutile quindi che adesso ti atteggi a Dio vendicatore; questo non basterà a ricondurmi ai tuoi piedi.

Maria si sentiva assalita dalle vertigini: la nausea, il disgusto, l’orrore si dividevano il suo cuore. E più l’infame l’insultava, più cresceva il suo odio per lui, il desiderio di punire. Ed era per quell’uomo che ella aveva sacrificato gioventù, bellezza, avvenire, che aveva ingannata una madre, si era resa un oggetto di dispregio per tutti?...

Una nube di sangue le velò gli occhi. Fattasi incontro al miserabile, che a sua volta aveva istintivamente indietreggiato fino a toccare colle spalle il muro, con un riso sinistro, terribile.

— Ah! non vuoi più cadermi ai piedi — esclamò — eppure lo farai, per spirarvi l’anima tua nefanda.

Con rapido atto strinse il grilletto della rivoltella. Rintronò uno sparo seguito tosto da un grido di suprema agonia.

Diego era stato colpito in mezzo al petto e cadde colla faccia riversa al suolo, vomitando un rivo di sangue, che spruzzò sugli abiti e fin sulle mani di Maria... Ella non sembrò provarne alcun ribrezzo: colla bocca increspata, gli occhi accesi, guardava lo sciagurato che si dibatteva nelle ultime convulsioni.