Pagina:Isernia - Istoria di Benevento I.djvu/235

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avessero potuto colà trarre una vita non pure tranquilla, ma agiata. Una tale donazione fu confermata in appresso da Carlo re di Francia, che vi aggiunse altri beni, come risulta dalla cronaca di quel monastero, in cui leggesi pure che, recatosi il Re Carlo in Roma per visitare il corpo di S. Pietro, trasse per sua devozione a questo monastero, eccitato dalla fama della mirabile santità che vi fioriva.

Gisulfo morì nel 706, dopo 17 anni di ottimo governo, e gli successe il figlio Romoaldo II, che in età ancora assai tenera assunse il governo dei suoi stati. Egli eia dotato, non meno di Gisulfo, di spirito guerriero e di molto zelo religioso. Nei primi anni del suo governo donò molte terre e possessioni a diversi monasteri, e in ispecial guisa a quello di S. Sofia, fondato non molto prima dall’abate Zaccaria fuori di Benevento nella contrada che si domanda Ponticello; e nel suo tempo fu pure restaurata la celebre badia di Montecassino rimasta presso a poco nelle stesse condizioni in cui fu lasciata da Zotone. E in ciò fu secondato dagli sforzi dei tre predetti fratelli Paldo, Toto e Taso, sondatori del monastero di S. Vincenzo, come rilevasi dall’epitome dell’istoria cassinense, che si conserva manoscritta nella biblioteca vaticana.

Ma anche Romoaldo II, come gli altri duchi di Benevento, avea in mira di accrescere lo Stato, e però, seguendo l’esempio del padre, tentò nuove conquiste nella Campania, mettendo a suo profitto i nuovi subugli e le dissenzioni insorte nelle provincie greche. Nell’anno 717 o 718 prese di assalto la forte rocca di Cuma; senonchè il pontefice Gregorio II, cui dolse oltremodo una tale conquista, mise in opera ogni mezzo per indurre il duca a cedergli l’espugnato castello, ma vedendo riuscir vane tutte le sue pratiche, e che il duca non gli dava ascolto, si volse ai napoletani, ed esibì loro settanta libbre d’oro con questo che avessero per forza d’armi ripresa la rocca. La proposta del pontefice fu bene accolta, e, mediante un assalto assai vigoroso eseguito a notte profonda, di cui non ebbero sospetto i longobardi, riuscì ai napoletani d’insignorirse-