Pagina:Isernia - Istoria di Benevento II.djvu/20

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ascese niente meno che a ducati novantamila. La qual cosa non deve punto saper di strano a chi consideri che non fu il solo Arechi a dotare la chiesa di S. Sofia, ma vi contribuirono benanche tutti i principi suoi successori, e i principali cittadini di Benevento; poiché quel tempio era stimato dai primi come la più fulgida gemma della loro corona, e dai cittadini come il principale ornamento della città. E infatti nella cronaca di S. Sofia, di cui conservasi una copia nella biblioteca Vaticana, leggesi che a guisa dei fiumi che recano al mare il tributo delle loro acque, tutti i più distinti e facoltosi cittadini concorsero in bella gara ad accrescere le dovizie di un tale istituto, al quale Arechi profuse straordinarii e inusati privilegi. E al famoso tempio aggiunse un convento di monache, a capo delle quali propose con titolo di Badessa sua sorella Guniberga, donna di santi costumi. Questo convento fu posseduto dai Benedettini sino all’anno 1595, in cui Clemente VIII lo concesse ai canonici regolari di S. Salvadore di Bologna; e le entrate di S. Sofia furono poi in tante vicissitudini ridotte a soli scudi seimila.

Ma le cure di Arechi nell’adornare la chiesa di S. Sofia e l’annesso monastero — nel cui recinto furono costruiti per uso dei monaci benanche dei bagni eleganti a cui affluiva l’acqua, mediante un pubblico acquedotto che correa dentro il chiostro— non si rimasero agli ornamenti, per così dire, mondani; ma parvero incredibili alla posterità i suoi sforzi nel decorare, secondo l’usanza dei tempi, la detta chiesa di reliquie di santi, in cui era riposta in quei secolo la principale ricchezza d’un sacro tempio. E invero si ritiene, e lo affermano quasi tutti gli scrittori che trattarono delle geste dei principi longobardi, che Arechi dalla Liguria e dalla Grecia fece trasferire gli interi avanzi mortali di più di 30 santi, oltre 160 altre reliquie, nella chiesa di S. Sofia. Nell’anno 760 ebbe luogo nello stesso tempio la solenne traslazione dei corpi dei dodici fratelli martiri, la cui vita si trova minutamente narrata nelle cronache locali, e furono deposti sotto l’altar maggiore in 12 nicchie separate. E nell’anno 768 seguì anche per opera di Arechi la traslazio-