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quanta maggior lena potette, rispose, e fu udito dal frate, il quale accorse ove gli era sembrato di ascoltare come una voce lontana che uscisse di sotterra, e, coll’aiuto di un tal canonico Paolo Farella, smovendo le macerie e scavando, potè infine con assai facilità trarre fuori illeso il seppellito pastore; il quale passò ad abitare per pochi giorni nel prossimo palagio, che appartiene ora ai Signori Isernia, l’unico edifizio rimasto illeso in quella parte della città. Nè dopo un sì funesto tremuoto fu per lungo volgere di tempo esente Benevento da un tale flagello; poichè ai 15 marzo 1702 soccombette di nuovo al medesimo disastro, benchè lo scotimento del suolo non fosse stato così violento come quello del 1688. Cento cinquanta persone furono per questo novello terremoto morte e sepolte nel tempo stesso tra le rovine.
Di tanti mali a cui soggiacquero i beneventani fu unico confortatore il loro venerabile pastore, che, possedendo ricchissime entrate di famiglia, potette imprendere opere memorande per alleviare i danni derivati alla città di Benevento dal descritto terremoto. Egli in primo luogo si accinse con indicibile alacrità a far ricostruire la chiesa metropolitana, l’episcopio, la Basilica di S. Bartolomeo, il seminario, e il casino detto della Pace Vecchia, e nel giro di due soli anni questi edifici! furono rinnovati ed abbelliti. A proprie spese cominciò il nuovo cappellone della chiesa di S. Maria di Costantinopoli nel collegio di S. Spirito, e rifece tutta la sacra suppellettile del Duomo, dando assai più vaga e pregiata forma ai sacri e preziosi arredi, e facendo lavorare le tre statue di marmo, che rappresentano S. Bartolomeo, S. Gennaro e S. Benedetto, per uso del Duomo. Con molta pompa collocò le reliquie di diversi santi in un’arca marmorea sotto l’altare maggiore da lui nuovamente fatto ricostruire di eletti marmi, e restaurò le porte di bronzo nel Duomo, fondò il monastero delle religiose domenicane in Montefusco, accrebbe le entrate delle parrocchie che prima erano dirette da canonici nominati per un certo tempo. Fornì di acqua potabile la città di Benevento, che, dopo i guasti e le rotture dell’acquedotto romano, si giaceva del tutto priva di