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L’unico errore di cui fu incolpato l’Orsini consiste nella sconfinata fiducia riposta nel suo coadiutore Niccolò Coscia, che gli successe nell’arcivescovado di Benevento. Costui che
«al finger pronto, all’ingannare accorto»
volgea le chiavi del cuore di Benedetto XIII si circondò di alcuni assai turpi satelliti, i quali, non limitandosi ad essere i ministri delle sue voglie, tendevano pure ad avvantaggiare la propria condizione, e trascorsero a tali eccessi di audacia da eccitare in Roma la generale indignazione, e tutti costoro erano in Italia creduti beneventani. Finché visse BenedettoXIII il popolo romano non trascorse a verun eccesso, ma come si seppe della sua morte, non volle più contenersi e proruppe in una specie di sedizione. Molti cittadini corsero sulle tracce dei cardinali Coscia e Fini, e del prelato Santa Maria, maestro di Camera, per trarne memoranda vendetta, e percorrendo all’impazzata le strade di Roma, e facendo oltraggio non solo, ma lanciando anche colpi di pietra ai familiari del defunto pontefice, profferivano le peggiori ingiurie che si siano mai udite contro i beneventani. Il cardinal
un corollario quasi delle cose dette sul più insigne e glorioso benefattore della città di Benevento.
Benedetto XIII.
Già benemerito Arcivescovo della beneventana Archidiocesi
Illustre per scienza civile ed amore del bene
Precorse i tempi
Creò Monti Frumentarii e Monti di Pegni
Perchè l’usura non depauperasse i cittadini
Munificentissimo
Restaurò Chiese e istituì un Monte di Tetti
Fu autore di celebrati Sinodi
Arricchì la Metropolitana di preziosi doni
E di sontuosi paramenti
La città ebbe caramente diletta
Fu maestro ed esempio d’ogni virtù
Lasciò di se desiderio e memoria
Grata perenne veneratissima