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Intanto i liberali di S. Giorgio la Molara, che erano fuggiti in Benevento accusarono taluni loro conterranei di aver chiamati i briganti, e indussero i piemontesi a recarsi in quel comune per verificare lo stato delle cose. Essi vi arrivarono di notte, e uccisero alcuni degli insorti che osarono di resistere, e poi, non trovando ivi altro da fare, trassero altrove. Ma di lì a poco il Prefetto Gallerini, e un tal Lupo, delegato di pubblica sicurezza, uomo di equivoca fama, sospettando che gli abitanti di S. Giorgio cospirassero nuovamente in favore dei Borboni, e giudicando perciò indispensabile qualche esempio, accorsero con molti soldati in S. Marco dei Cavoti, bramosi di aver in mano l’ex capo Urbano cav. Nicola Ielardi, ricchissimo possidente, e, non trovatolo, gli saccheggiarono la casa. E di là si avviarono rapidamente alla volta del comune di San Giorgio la Molara, giungendovi la notte del 4 settembre. Ivi, tolte alcune informazioni, il Gallerini fece prendere i pretesi capi della sedizione, mentre erano immersi nel sonno, e, dopo di aver conferito con alcuni delatori e col tristo giudice Aufiero, furono scelti per vittime Michele Pappone ex capo Urbano, Luigi Germano sindaco, e un tal Giovanni Paradiso, fratello di un gesuita e padre del giudice di Carbonara, incarcerato come cospiratore. E nel mattino seguente i soldati, che seguivano il Prefetto Gallerini, trassero legati gli infelici prigionieri sul largo della fiera, e, mentre questi, consci della loro innocenza, procedevano con fermo viso per l’additato cammino, li fecero segno ad una salva di fucilate, e a terrore del pubblico ne esposero i cadaveri sulla piazza. Ed io storico imparziale di questi fatti non debbo astenermi di gravemente biasimare la condotta del Prefetto Gallerini, contro il quale si levò unanime la pubblica opinione, benchè a sua discolpa potrebbero addursi la ragione dei tempi, la necessità di qualche esempio, e più di tutto i pessimi suggerimenti dei suoi consiglieri, e in ispecial guisa del delegato Lupo e del giudice Aufiero.
Altri lacrimevoli fatti accaddero in Pontelandolfo e Casalduni, terre a tre miglia l’una dall’altra; quella ha circa