De’ secoli l’infanzia i tuoi natali
Circondò di mistero, ma fallace
Fu il grido che, il superbo Ilio combusto
Qui traendo Diomede le immortali
Tue mura eresse, ove il tuo suol ferace,
Cinto da irrigui colli, è più venusto.
Ah! un vagante non fu prode straniero,
Ma del tuo suolo i primi e avventurosi
Nativi abitatori, o patria mia,
Degnissima d’impero,
Che a tutela dei tuoi blandi riposi,
E schermo all’onte de la sorte ria,
Le tue salde fondaro inclite mura
Che i secoli sfidaro e la sventura.
E gagliarda, operosa, e d’alte imprese
Avida ognora in te crebbe la prole,
Dell’italico ciel delizia e vanto.
E nel cor di tue vergini s’apprese
Non de’ fatui piacer, de le caròle
Vano desio, ma de la patria il santo
Amor che ad alte imprese i prodi incita;
Sì che, i molli garzon tenendo a vile,
Il loro affetto posero ne’ prodi
Che da le pugne in sull’età fiorita
Vincitori reddiano, doma l’ostile
Turba, e mertaro de’ cantor le lodi;
Onde sonò de’ fervidi sanniti
Alta la fama ne’ remoti liti.