E quando la romana Aquila altera,
Che il suo volo spiegò per l’universo,
Tentò, violando de le genti il dritto,
Ridurre al giogo esoso la guerriera
Gente Sannita, in onta e duol converso
Vider l’orgoglio del Romano invitto
Le memorande ognor rupi caudine.
Poi, quando in peggio declinaro i futi,
Per l’alma libertà l’oste sannita
Pugnò più lustri, e alfine
Giacque oppressa e non vinta, e dagli amati
Colli esulò la gioventù più ardita,
E sol restaro le tue mura illese,
O patria amata, da nemiche offese.
E allor che Roma l’itala discorde
Terra, cui l’Alpe chiude e i suoi tre mari,
Una rese di leggi e di favella,
Tu esultavi mirando alfin concorde
Italia, e in lieti dì volti gli amari,
E dell’eccelsa Roma Africa ancella.
E negli alti trionfi, e quando infida
Volse la sorte, e vacillò la possa
Insuperata del latino impero,
In ogni evento tu costante e fida
A Roma fosti, e pronta alla riscossa
Pugnavi contro l’invasor straniero;
E giacquer vinte in questa aprica valle
Le falangi di Pirro e d’Anniballe.