Ma la città magnanima, severa,
Che l’orbe vinse, ogni virtù smarria;
E ne’ lieti ozii immersa a la mina
Schermo non fece dell’audace e fera
Orda germana; e senza ardir peria
L’eccelso impero cui fu servo il mondo.
Ed ogni piaggia allor predata e guasta
Fu dell’italo suolo infortunato,
E d’ogni male in fondo,
Segno al furor de la vandalic’asta,
Tu fosti, o patria, e Totila spietato
L’alme tue mura in ruderi converse,
Che novamente poi Narsete aderse.
E quando ogni altra oppressa itala terra
Languia ne’ ceppi e d’ogni ben deserta,
E senza speme in lunghi lutti immersa,
Tu lieta in pace e assai temuta in guerra
Fiorivi, o Benevento, e ti fu aperta
Novella età di gloria, e ogn’oste avversa
Gelò di tema di tua spada al lampo.
Ed il franco invasore, il greco infido,
E ’l crudo saracin nel suol de’ forti
Vinti perian sul campo,
E la nordica notte ch’ogni lido
Inondò dell’Ausonia, e le sue sorti
Velò di nubi, tu fugar tentavi,
E ad eccelse virtù l’alme educavi.