Ahi! scemò le tue glorie il tempo edace.
Che infranse de’ tuoi prenci il regal serto;
Ma quando del secondo Federico
Il vago e prode figlio irruppe audace
Contro il poter fatale che un deserto
Fè dell’itala terra, e dell’antico
Latino imperio suscitò la spene,
Tu anelavi che alfin libera ed una,
Tolta al giogo, riedesse Ausonia bella;
Ma, segno ad ire oscene
L’aquila sveva, al predator fortuna
Arrise, e scolorò l’Itala stella,
Allor che nelle tue valli ridenti
Manfredi e i prodi suoi giacquero spenti.
E ben di cinque secoli il servaggio
Gravò l’Italia da quel dì fatale,
E i brani sparti de la sua corona
Dilaceraro con nefando oltraggio
I rapaci stranieri. Ma il natale
Tuo suol diletto non soggiacque al fero
Giogo, nè l’orma d’oppressor crudele
Calcò il tuo verde pian, cui sempre arrise
La libertà, d’ogni anima sospiro.
E al popol tuo bramoso,
O patria mia, di savie leggi rise
Perenne pace e oblio d’ogni martiro;
E mentì il grido che di streghe oscene
Fossero sede queste piagge amene.