Pagina:Isernia - Istoria di Benevento II.djvu/65

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Teodoro Turmaca, amendue deputati dall’imperadore in suo luogo al governo di Benevento. Ma abborrendo i beneventani il giogo de’ greci, e non potendo sopportarne le gravezze, se la intesero con Guido duca di Spoleto, il quale col fiore delle sue truppe accorse all’invito, e pugnando strenuamente contro i greci, pose fine dopo poco più di quattro anni alla loro dominazione in Benevento, e così venne fatto ai beneventani di uscire di mano ai greci, senza però riacquistare la loro indipendenza.

Ebbe Guido il governo di Benevento per un anno ed otto mesi, ma avendo avuto notizia che l’imperadore Carlo III era in sin di vita, aspirando a succedergli al trono imperiale, si pose subito in via con la famiglia, e con quello stuolo di prodi che lo avea seguito, facendo dono del principato di Benevento al suo cognato Guaimeri principe di Salerno. Ma questi non potea dar nel genio ai beneventani per essere uomo crudele e di pravi costumi. Laonde quando seppero che Guaimeri erasi mosso alla volta della loro città, commisero ad Adelferio Gastaldo di Avellino, nepote di Roffrido, nobile beneventano, che gli tendesse un agguato lungo la via, e trovasse modo di subitamente spacciarlo. Adelferio aderì ben volentieri alla perfida proposta, e traendo incontro a Guaimario, in sembianza d’amico, sel condusse in sua casa, e inebriatolo nel convito, come a notte alta si fu quegli profondamente addormentato, gli cavò gli occhi, e in tale stato lo fece ricondurre a Salerno.

Dopo un tal fatto, rimasto Benevento privo di principi, i greci tentarono nuovamente d’invadere il principato, talchè fu mestieri richiamare Radelgiso dopo dodici anni che fu sbandito da Aione, e nell’anno 898 rieleggerlo principe di Benevento. Ma Radelgiso non avea nulla appreso dalle passate sventure, nè pose alcuno studio ad acquistarsi la benevolenza dei cittadini, che anzi, affidandosi esclusivamente nel maneggio degli affari al suo cortigiano Vilardo, governò pressochè da tiranno, per cui non pochi nobili beneventani, mandati in esilio da Radelgiso, si refugiarono in Capua, attirati dalle lusinghevoli offerte del conte Atenolfo, che,