Pagina:Isocrate - De' doveri del sovrano.djvu/12

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opera giornalmente debbe a questo fine riferirsi, e con questo armonizzare. Ed è pur manifesta la necessità che coloro ai quali questo potere è attribuito e di tali bisogne sono supremi regolatori, non si diano alla inerzia e scioperataggine, ma intendano a divenire senza confronto più sapienti de’ soggetti. Imperocchè niuno dubita che dessi miglioreranno la cosa pubblica in proporzione della cultura dell’animo loro. Per il che non tanto gli atleti hanno bisogno di esercitare le forze del corpo, quanto i Re quelle dell’animo e della mente. Nella considerazione pertanto di tutto questo fa duopo che tu desuma la convinzione della necessità di affaticarti per renderti con le virtù superiore ai soggetti quanto più lo sei negli onori. E non portare credenza che la fatica e lo studio riescano a scopo utile nelle altre cose, e manchino poi di ogni efficacia ad accrescere la virtù e la prudenza: nè a tanta miseria voglia tu condannare la umana razza che mentre abbiamo trovato alcuni artificii per dimesticare le belve e farle di crudeli mansuete, siamo poi impotenti a sovvenire di qualche aiuto la virtù. Piuttosto io mi avviso che tu abbia a persuaderti potersi principalmente l’animo nostro migliorare per la istruzione e pel travaglio. Per la qual cosa avvicina i più sapienti del tuo regno, ed invita gli estranei quanti ne potrai. E non lasciare inonorati poeti ed oratori che si procacciarono celebrità, ma ascolta quelli, fatti discepolo a questi, e pronunciati giudice de’ minori ingegni, rivale ai sommi. Così in brevissimo tempo per queste prattiche diverrai quale avvisammo dover essere un giusto ed utile reggitore di popoli, un adatto amministratore della società. Ed in questi principalissimi precetti rimarrai confortato, se stimerai mostruoso che i più tristi comandino ai più virtuosi, ed i più stolidi diano leggi ai più sapienti 1; poichè quanto più l’altrui ignoranza terrai a vile, tanto maggiore diligenza porrai in esercitare il tuo intelletto. Da qui adunque fa d’uo-

  1. Lex est naturae ut boni imperent minus bonis, docti minus doctis (Cicerone delle leggi). Da qual nobilissimo fonte vuò questo filosofo derivato l’umano potere!