Pagina:Istituzioni di diritto romano.djvu/160

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introduzione 157

VI, 45. - fr. 14. Dig. de Judic. V, 1. - fr. 5. Dig. fam. ercisc. X, 2).

f) Qualora finalmente, nessuna di queste regole potesse ricevere applicazione, i Diritti in collisione si distruggerebbero vicendevolmente, nè alcuno di essi potrebbe venire esercitato: lochè comunemente si esprime col broccardico: Privilegiatus, contra æque privilegiatum, jure suo, non utitur (fr. 36. Dig de Dolo Malo, IV, 3. - fr. 37. in fin. Dig. de contrah. emt. XVIII, 1. - fr. 59. Dig, de Solut. Matrim. XXIV, 3. - fr. 42, 43. Dig de hered. instit. XXVIII, 5).

§. 232. All’esercizio di un Diritto può essere apposto un tempo (dalla legge, dalla sentenza del magistrato, o dalla volontà dei privati), dal quale il Diritto possa essere esercitato (dies a quo o ex die), o fino al quale potrà essere esercitato (dies ad quem, in diem). Chiamasi giorno, dies, l’epoca dalla quale, o fino alla quale, il Diritto può essere portato all’esercizio. Questo giorno può essere certo, come p. e. se fu detto: il 15 Giugno 1860, può essere anche incerto; ed incerto in due modi, vale a dire incerto se verrà (incertus an), p. e. se fu detto: il giorno che ti conjugherai, ed incerto quando verrà, come se fosse stato detto: il giorno che morirai (incertus quando). Il dies incertus an è per altro, una vera e propria condizione. Per riguardo al decorrere del tempo, si distingue il computo naturale (computatio naturalis), dal computo civile (computatio civilis.) Nel computo naturale si conta da momento a momento: a momento ad momentum, (fr. 6 Dig de Usurpat. XLI, 3.) vale a dire, il tempo non si reputa decorso, finchè l’ultimo minuto non è spirato; nel computo civile si ritiene per spirato il tempo, appena l’ultimo giorno del medesimo è incominciato, lochè esprimono col noto ditterio: dies novissimus cœptus, pro jam completo habetur (fr. 8. Dig. de Feriis II, 2 - fr. 1. §. 5 e 6 Dig. quando appell. XLIX, 4 - fr. 15 prin. Dig. de Divers. temp. præscript. XLIV, 3 - fr. 134. Dig. de Verb. Signif. L, 6). I Romani generalmente negli affari giuridici, adoperavano questo computo civile; del naturale si valevano per eccezione, nel caso che il tempo fosse