Pagina:Istituzioni di diritto romano.djvu/67

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64 introduzione

se si trovavano in Roma nell’epoca dei Comizj, potevano prender parte alle pubbliche assemblee, e darvi il loro suffragium in una Tribù che la sorte designava.

§. 100. La diversità nelle condizioni di alleanza dei Socii o federati col popolo Romano, era stata da Roma studiosamente cercata nell’opinione, che la differenza degli interessi, li avrebbe dissuasi dal fare causa comune a danno dei loro, più presto oppressori, che alleati. Ma l’esperienza dimostrò la fallacia di questa che pareva accorta politica, imperciocchè sia che la disuguaglianza delle sorti mal contentasse tutti, sia che la supremazìa Romana riuscisse incomportabile generalmente; gli alleati o Socii si collegarono contro Roma, e cominciarono (anno 662) quella famosa guerra, detta Sociale, che pose in grave pericolo lo Stato Romano. Il Senato fu astretto a concedere la cittadinanza a molte città, con la celebre legge Julia De Civitate Sociis danda (662) per mantenersele amiche; e tre anni dopo, a quelle che erano state vinte dopo una ostinata resistenza, affinchè non tornassero alle ostilità, dovè estendere lo stesso benefizio mediante la legge Plautia de civitate.

§. 101. Ad ovviare al pericolo che questo ingente numero di nuovi cittadini, sparsi in tutte le Tribù, non acquistassero predominio sugli antichi, vennero allora create otto nuove Tribù nelle quali furono accumulati; le quali in seguito, sembra che fossero repartite fra le 35 di già esistenti. In questa guisa tutti gli abitanti dell’Italia giunsero a godere della Romana Cittadinanza; ma a questo non si limitarono i loro vantaggi; il territorio da essi abitato godè anche dello Jus Italicum.

§. 102. L’Jus Italicum portava seco l’esenzione dal pagamento di ogni tributo fondiario a Roma, l’attitudine del Suolo ad essere obietto di proprietà quiritaria, la possibilità di acquistarlo, trasferirlo e trasmetterlo con le forme civili Romane. I paesi ai quali non era conceduto l’Jus Italicum erano a cattivo partito. E valga il vero, in conseguenza della conquista, il popolo Romano si reputava proprietario di tutti i beni territoriali dei popoli sottomessi, e sebbene ordinariamente li rilasciasse agli antichi proprietarj perchè li coltivassero e ne usufruis-