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Pagina:Istituzioni di diritto romano.djvu/98

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introduzione 95

da essi dovesse avere forza di legge (legis vicem) tantochè i Giudici fossero in obbligo di seguitarla; mentre se vi fosse stata divergenza di sentimento, il Giudice rimanesse in libertà di adottare quella soluzione, che più sembravagli conforme al diritto ed all’equità. (Gajo Com. I, § 7.) Eziandio dopo questa disposizione di Adriano, non fu impedito ai Giureconsulti non privilegiati di esercitare; infatti Pomponio ci attesta, che quell’Imperatore replicò a taluni, che gli domandavano licenza di rispondere sul diritto, quello non essere un favore da chiedersi, ma una facoltà che l’uso loro conferiva; e che se avevano fiducia nel loro sapere, si preparassero pure a rispondere al popolo (fr. 2. §. 47. Dig. de Origine Iuris I, 2.)

CAPITOLO III.

stato della giurisprudenza

§. 147. L’attuale periodo è l’età dell’oro per la Scienza del Diritto, i suoi cultori sono i Giureconsulti classici. Nei loro scritti occorre non minore eleganza che in quelli dei cultori delle amene lettere, anzi quando la letteratura latina volgeva a decadenza, i Giureconsulti serbavano incontaminato il purismo dell’idioma; e di vero i Giureconsulti contemporanei di Seneca, scrivono più purgatamente di lui. Il loro stile all’eleganza accoppia la concisione; le questioni meglio involute, sono sciolte in poche linee, e senza pregiudizio della chiarezza. Esperti nelle lettere Greche, addimostrano familiarità con le opere immortali di Omero, di Platone, di Ippocrate, e di Demostene, Omero a mò di esempio, è citato non meno di sei volte nelle Pandette, e di tre nelle Istituzioni. Ricchi di molte cognizioni estranee alla Scienza, che di preferenza coltivano, ne fanno un uso parco e sapiente, scevro da qualunque pedanterìa. Seguaci della Greca filosofia, e specialmente della Stoica, la applicano maravigliosamente al diritto, al quale riconoscono fondamenti filosofici e specialmente morali; abbenchè devoti alla