Pagina:Italia. Orazione detta la sera del 13 marzo del 1917 al Teatro Adriano in Roma.djvu/25

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fa l’indifferente: se qualcuno però glie la guarda, prorompe come un leone.

L’Italia era solamente in ispirito: e questa sua fiamma era anche sconosciuta.

La chiamavano una grande Nazione: ma l’inconsapevolezza del suo destino era palese in ogni atto.

L’operosità individuale e privata avevano fatto miracoli; ma come per dispetto. Dico quasi per dispetto, perchè l’invidia pareva la dea malefica più venerata.

Oltre l’invidia, la diffidenza aveva reso la macchina dello Stato arrugginita e lenta, invasa dalla rena della burocrazia.

L’Italia era; ma le avevano messo sul petto una rupe quasi avessero diffidato della sua bellezza. L’hanno trattata sempre come vecchi gelosi e diffidenti, lei giovanissima.

L’economia dello Stato fondata su criteri di estrema miopia, non ha mai lesinato nello scialacquio per alimentare gli ostacoli e le difficoltà e le umiliazioni al lavoro, alle industrie, all'attuazione di geniali propositi; ma ha invece lesinato il centesimo ogni volta che si trattava di dar valore alla nostra vita nazionale nella sua vera sostanza e anche nelle necessarie forme.

Così per le scuole dei fanciulli, così e maggiormente per le Università, alle quali si doveva provvedere il modo di studiare con ampiezza e di fare esperienze, non a seconda delle finanze; ma secondo richiede l’educazione di un popolo che ebbe sempre splendidissimo il frutto del genio: genio che poi, nella vita odierna, è fonte d’immensa ricchezza.