Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/171

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marco polo 151

paese, ove trovò tredici milioni di famiglie soggette all’imposte, e cinquantanove milioni di persone; oltre che n’era vassallo il re di Corea, il quale ogni capodanno mandava congratulazioni all’imperatore. Questi, poco fidandosi de’ vinti, conferiva piuttosto le magistrature a Mongoli o Cristiani, con non poco disgusto de’ Cinesi.

Mandati perchè pratici di mare, a condurre una nuova sposa al re di Persia, i Polo con faticosissimo viaggio di due anni vi giunsero (1292). Colà udita la morte di Kublai-kan, colsero quell’occasione per fare quel che da tanto tempo desideravano, cioè tornare in cristianità, e rividero la patria il 1295. Qui ha luogo un romanzesco racconto del Ramusio nel prologo al Milione. — Questi tre gentiluomini, da poi tanti anni che erano stati lontani dalla patria, non furono riconosciuti da alcuno dei loro parenti; i quali fermamente riputarono che fossero già molti anni morti, perchè così anche la fama era venuta. Si trovavano questi gentiluomini, per la lunghezza e sconci del viaggio e per le molte fatiche e travagli dell’animo, tutto tramutati nella effigie, che rappresentavano un non so che del tartaro nel volto e nel parlare, avendosi quasi dimenticata la lingua veneziana. Li vestimenti loro erano tristi e fatti di panni grossi al modo dei Tartari. Andarono alla casa loro, la quale era in questa città e nella contrada di S. Giovanni Grisostomo, come ancora oggidì si può vedere, che a quel tempo era un bellissimo e molto alto palagio, et ora è detta la Corte del Millioni per la cagione che qui sotto si narrerà. E trovarono che in quella erano entrati alcuni suoi parenti, alli quali ebbero grandissima fatica di dar ad intendere che fussero quelli ch’erano; perchè, vedendoli così trasfigurati nella faccia e mal in ordine d’abiti, non potevano mai credere che fossero quei de Cà Polo, ch’avevano tenuti tanti e tanti anni per morti.

«Or questi tre gentiluomini (per quello che io essendo giovanetto n’ho udito molte fiate dire dal chiarissimo messer Gasparo Malipiero, gentilhuomo molto vecchio e senatore di singolare bontà et integrità, ch’aveva la sua casa nel canale di S. Marina e sul cantone ch’è sulla bocca del Rio di S. Giovanni Grisostomo, per mezzo a punto della ditta corte del Millioni, che riferiva d’averlo inteso ancor lui da suo padre et avo e da alcuni altri vecchi uomini suoi vicini) s’immaginarono di far un tratto, col quale in uno stesso tempo ricuperassero e la conoscenza dei suoi e l’onor di tutta la città, che fu in questo modo. Che invitati molti suoi parenti ad un convito,