Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/253

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giulio cesare 233

di elevato; gelosiuccie, ambizioncelle, vacillamenti, un passare dall’anarchia all’oligarchia, e sempre il governo personale, appoggiato sulla violenza e sui bravacci; e come prima gli schiavi erano stati ruina dell’agricoltura, così adesso i gladiatori erano ruina della costituzione.

Già contro le armi nulla valeva la prudenza, quando ogni elezione diventava opportunità di traffici, ogni adunanza campo di violenze; i colpevoli sfuggivano alla censura perchè troppi, e ai giudizj perchè denarosi; e come Cicerone si lamenta, tolta la dignità della parola e la libertà del trattar le pubbliche cose, niun altro partito, restava che o fiaccamente assentire coi più, o dissentire invano.

Le vittorie di Cesare ecclissavano Pompeo e Catone, i quali, per non essergli inferiori nè restare disarmati mentre egli assicuravasi un esercito, si fecero assegnare Pompeo la Spagna, Crasso la Siria, l’Egitto e la Macedonia. Cesare v’assentiva, purchè a lui non turbassero il proconsolato: e si stabilì che i governatori non fossero scambiati per cinque anni, potessero far leve a loro grado, esigere dagli alleati contribuzioni e truppe.

Pompeo, più del comando ambendone le apparenze, rimase a Roma, levò un esercito in figura per proteggere la tranquillità, in fatto per dominare le fazioni e non valere da meno degli altri triumviri. Crasso s’avviò contro i Parti, ma ivi toccò un’orribile sconfitta e perdè la vita. Con lui periva l’unico che potesse mantenere l’equilibrio fra Cesare e Pompeo, la cui rottura fu accelerata dalla morte (53 av. C.) di Giulia, figlia di Cesare e moglie di Pompeo, amata da ambedue, venerata pubblicamente.

Il governo di Roma, come tutto ciò ch’è patriarcale, supponeva una certa bontà; l’equilibrio suo consistendo nell’esteso diritto di opporsi, bisognava non lo spingessero all’estremo nè il senato col negare gli auspizj nè i tribuni col mettere il veto; e poichè riduceasi in fatto a due governi paralleli, quel della plebe e quello del senato, con magistrature e decisioni distinte, per farli camminare d’accordo richiedevasi ancora la bontà. Corrotti i costumi, tutto si sovverte; le fazioni tempestano ogni giorno peggio; se il tribuno mette il veto, è deriso o si mandano bravacci a sgomentarlo e far sangue; la prepotenza imbaldanzisce, e le frequenti uccisioni fanno sentire la necessità d’un freno dittatorio.

Pompeo, che credevasi l’unico uomo da ciò, voleva che il popolo