Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/270

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colla vincitrice, la quale rimanesse alla testa dell’incivilimento, sciolta dai legami aristocratici e sacerdotali.

A tal uopo volea servirsi di tutti gli elementi che si erano svolti nell’andare della vita romana, dai primi re elettivi e sottoposti alla consuetudine, poi nella repubblica, poi nell’estendersi di questa fino a portare la necessità d’un impero militare, e l’aggregazione di altre nazioni. Ricorreva pertanto alla tradizione allegando l’origine di casa Giulia dai re d’Alba; non per questo voleva farsi re di nome, bensì di fatto concentrare in sè l’autorità di generale (imperator), di pontefice, di giudice, di tribuno.

Della repubblica degenerata non si prefisse di conservare le forme, bensì di foggiar uno Stato che meglio convenisse al vantaggio del popolo romano-italico e degli altri; sostituire legalmente la classe media all’aristocrazia, col fondere le classi, fondere i vinti coi vincitori; e perciò migliorar il popolo col lavoro, colla famiglia, colle fortune moderate, collo spirito militare scevro da fazioni.

Innanzi tutto cacciava da Roma la folla d’accattoni e briganti che viveva di sussidj pubblici e del vendersi ai capi di partito, riducendoli da trecenventi mila a cencinquanta mila, e all’uopo stabilì colonie transmarine, spargendovi 80,000 poveri; proibì le associazioni popolari e le adunanze se non con licenza del Governo: col che Roma cessava d’esser il ricovero d’ogni malvivente.

Mentre limitava la miseria viziosa, apriva campo all’industria, ai commerci, alle fabbriche, all’agricoltura. Per l’Italia cominciò a render fissi i liberi abitanti, impedendo le sistematiche emigrazioni e le lunghe assenze dei cittadini senatorj; revocati al fisco i beni sperperati, li distribuì ai veterani e a famiglie povere, ma tenendole disgiunte e miste coi vecchi possessori; e vietando per venti anni l’alienazione dei beni donati; favorì i padri di numerosa prole; regolò le gabelle sulle merci forestiere: coll’aggregar all’Italia la Gallia Cisalpina non solo compiva il territorio, ma introduceva una popolazione meno corrotta e più attiva e intelligente. Già dopo la guerra Marsia e la legge Plauzia Papiria le varie popolazioni italiche si erano ravvicinate, smettendo le costumanze particolari, adottando la lingua e la coltura latina. Ora la legge municipale di Cesare gli amalgamava viepiù attorno a quel gran centro ch’era Roma.

Le provincie partecipavano a molti di questi provvedimenti, av-