Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/39

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dante 19


Secondo tale condizione di cose, comune a tutta la cristianità, Dante il mondo contingente contempla sempre in relazione all’eterno. Non conoscendosi i temperamenti dell’educazione, tutto allora veniva spinto all’assoluto; e Dante ci dipinge que’ tempi colla credulità, coll’ira, la morale, la vendetta. Secondo è uffizio del poeta, s’erge consigliere delle nazioni, giudice degli avvenimenti e degli uomini, re dell’opinione: e poichè allora tutto era diverso in ciascun paese e in ciascun uomo, ne veniva il poema meno uniforme, eppur regolato con impreteribile euritmia numerica e geometrica. Perocchè Dante non poeteggia per istinto, ma tutto calcola e ragiona, compagina l’uno e trino suo poema in tre volte trentatre canti, oltre l’introduzione, e ciascuno in un quasi egual numero di terzine1; e gli scomparti numerici cominciati dal bel primo verso (nel mezzo), lo accompagnano per le bolge, pei balzi, pei cieli, a nove a nove coordinati. Questo rispetto per la regola, questo fren dell’arte che crea egli stesso e al quale pure si tien obbligato, non deriva da quell’amore dell’ordine, per cui vagheggiava la monarchia universale? Ivi i personaggi e l’autore e l’opera sua sono improntati d’una individualità incancellabile. S’è potuto dubitare se Omero, se Virgilio, se Calidasa, se Orazio, se David siano gli autori de’ componimenti a loro attribuiti; di Dante mai non si dubitò.

La politica primeggia all’inferno; nel purgatorio si associa alla filosofia; alla teologia nel paradiso, finchè negli ultimi canti svanisce nell’estasi. Ma sempre appare il sentimento della personalità dell’autore, e i pungenti ripetii dell’ingratitudine cittadina.


VIII.


«L’autore in quel tempo che cominciò questo trattato, era peccatore e vizioso, ed era quasi in una selva di vizj e d’ignoranza; ma poichè egli pervenne al monte, cioè al conoscimento della virtù, allora la tribolazione e le sollecitudini e le vere passioni procedenti da

  1. Sono cento canti in 14,230 versi, ripartiti in modo, che la prima cantica è appena superata di trenta dalla seconda, e di ventiquattro dalla terza. E a chi il supponesse caso, risponde il poeta:

                   Ma perchè piene son tutte le carte
                        Ordite a questa cantica seconda,
                        Non mi lascia più ir lo fren dell’arte.