Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
386 | illustri italiani |
di comporre1. Qui è mutato interamente il tono del poeta; se dapprima gajo, amoroso, scherzevole, saltella di fiore in fiore, colorandosi a tutti i raggi dell’iride, adesso mesto, piangoloso, non sa che ricordare quel che perdette, desolarsi di quel che soffre, implorare perdono o almeno pietà.
Ma poichè poetava come sentiva, c’è in quei versi maggior verità che in tutti gli altri suoi, se meno arte e finitezza; sebbene non sappia neppur allora evitare le freddure e le pedanterie delle prische composizioni. Ma mentre prima si era vantato di bestiali prodezze amorose, desiderando finir la vita in quei ludi, e che si dicesse, «Tal moria qual visse»2, nell’esiglio invece protestava non aver fatto mai male, esser vissuto verecondo, e aver solo finto quelle capresterie3.
Tomi è città del Ponto nella Mesia inferiore, ora Bulgaria, presso la foce del Danubio, sulla sinistra del mar Nero; ma qui pure disputano a qual paese d’oggi corrisponda, e chi la vuole Kiavia, chi Temeswar, chi più probabilmente Kustangie. Vi s’era stabilita una colonia di Greci di Mileto4; ma tutt’intorno stavano popoli
- ↑
Litera quæcumque est toto tibi lecta libello,
Est mihi sollicitæ tempore facta viæ....
Quod facerem versus inter fera murmura ponti
Cycladas Ægeas obstupuisse puto.
Ipse ego nunc miror, tantis animique marisque
Fluctibus, ingenium non cecidisse meum.Trist. I ultim.
- ↑
At mihi contingat Veneris languescere motu
Cum moriar, medium solvar et inter opus.
Atque aliquis nostro lacrymans in funere, dicat:
Conveniens vitæ mors fuit ista suæ.Amor. II, 10.
- ↑
Vita verecunda est, musa jocosa mihi
Magnaque pars operum mendax et ficta meorum
Plus sibi permisit compositore suo.
Nec liber indicium est animi, sed honesta voluptas
Plurima mulcendis auribus apta ferens.Trist. IV, 347.
- ↑
Solus ad egressus missus settemplicis Istri.
Trist. II.
Vita procul patria peragenda sub axe Boreo,
Qua maris Euxini terra sinistra jacet.Trist. IV, 8.
Hic quoque sunt igitur grajæ, quis crederet? urbes,
Inter inhumanæ nomina barbariæ.
Huc quoque Mileto missi venere coloni,
Inque Getis grajas constituere domus.Trist. III, 9.