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Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/74

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54 illustri italiani

o di qualche classe, individualmente godeva di tutti, e tutti lodava; appassionavasi per un mecenate, per un autore, per la famiglia rustica che lo serviva in Valchiusa. Piegando all’aura che spirava, anche quando rimprovera egli s’affretta a dichiarare che il fa per amore della verità, non per odio d’altrui nè per disprezzo. Dante teme di perdere fama presso i tardi nepoti se sia timido amico del vero; che se il suo dire avesse da principio savor di forte agrume, poco gliene caleva, purchè da poi ne venisse vital nutrimento. Petrarca, mille volte prometteasi fuggire i luoghi funesti alla sua pace, e sempre vi tornava: mentre Dante, mal accordandosi colla moglie Gemma, «partitosi da lei una volta, nè volle mai ov’ella fosse tornare, nè ch’ella andasse là dov’ei fosse» (Boccaccio), e di lei nè de’ suoi figliuoli mai lasciò cadersi menzione.

Il primo, se fastidisse l’età sua, raccoglievasi nella solitudine o nello studio degli antichi ch’egli preferiva alle attualità, dalle quali affettavasi alieno[1]; l’altro spingeva lo sguardo su tutto il mondo per cogliere da per tutto quel che al suo proposito tornasse[2], nè notte nè sonno gli furava passo che il secolo facesse in sua via. Entrambi (elezione, o forza, o moda) trovaronsi avvicinati ai signorotti d’Italia; ma il Petrarca s’abbiosciò a chi il carezzava, e i suoi encomj direbbe vili chi non li perdonasse all’indole di lui e all’andazzo retorico; Dante conservò la sua alterezza anche a fronte dei benefattori[3]; quel che più loda, è nella speranza che ricacci in inferno la lupa per cui Italia si duole.

Ambedue rinfacciano agl’Italiani le ire fraterne: ma Dante sembra attizzarle, cerca togliere alla sua Firenze fin la gloria della lingua, e par si vergogni essere fiorentino d’altro che di nascita; nel Petrarca, Laura ha un solo rincrescimento, quello d’esser nata in troppo umil terreno, e non vicino al fiorito nido di lui. Dante incitava En-

  1. «Incubui unice ad notitiam antiquitatis, quoniam mihi semper ætas ista displicuit». Ep. ad posteros.
  2. «Auctor venatus fuit ubique quidquid faciebat ad suum propositum» . Benvenuto da Imola al XIV del Purgatorio.
  3. Il Petrarca narra che Dante fu ripreso da Can Grande qual uomo meno urbano e men cortese che non gli istrioni medesimi e i buffoni della sua Corte. Memorab. II. Avendogli Can Grande domandato: — Perchè mi piace più quel buffone che non te, cotanto lodato?» n’ebbe in risposta: — Non ti maraviglieresti se ricordassi che la somiglianza di costumi stringe gli animi in amicizia».