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172 | illustri italiani |
mente la minore quella di veder perfezionato, sotto la sua influenza, un lavoro che tutta Italia aspetta con impazienza”1.
I cavalieri Monti, L. Bossi, L. Rossi esaminarono questi appunti. Il Rossi mostrossi accannito alla Crusca, denigrandone i presenti membri e la secolare sua pretensione d’imporre a tutta Italia il dialetto toscano, e i molti sbagli in cui cadde, e l’avervi inserito “molte locuzioni toscane triviali e antiquate, le quali non fanno in ultimo che inceppare e degradare la lingua, e renderla oscura pe’ nazionali, e difficilissima, se non inintelligibile pe’ forestieri. Il solo dissenso dei due corpi accademici su questo punto di massima basterebbe a ritardare di molto, e forse ad impedire la pubblicazione desiderata del Vocabolario”. Sono le baje che, e prima e dopo, echeggiò la plebe letteraria. Vincenzo Monti, il cui gusto emendava o almen redimeva gli errori di raziocinio, stese un ragguaglio che, come opera inedita di così insigne scrittore, riferirò intero, sottoponendo ai debiti luoghi le contr’osservazioni che il Governo fece.
- “Eccellenza,
“Riverente ai superiori comandi, l’Istituto Cesareo espone il suo netto parere sulle osservazioni da V. E. comunicate.
“E primieramente quanto alle opere del Bergantini, che l’egregio osservatore ne raccomanda, e sulle quali si è dovuto consumar molti giorni e molta pazienza, l’Istituto è d’avviso che, al grande scopo di riformare il Vocabolario Italiano, poco sia l’utile che può cavarsene, e molto il pericolo di peggiorarne le piaghe anzi che risanarle. Il Bergantini a null’altro ha posto il suo studio che a far cumulo di parole (alta qual fatica tutti son atti), traendole senza scelta e senza critica ponderazione da ogni fatta di libri, la più parte non approvati, siccome quelli in cui la pesca de’ nuovi vocaboli è più copiosa. Nè ad aver per buoni gli scrittori da cui li tolse basta il privato giudizio del Bergantini. Egli è necessario che vi concorra l’universale consenso dei dotti. Altrimenti, rotto quest’argine, ciascuno, sull’esempio del Bergantini, fattosi accettatore di tutti i nuovi vocaboli che lo contentano, la lingua si spande in una messe di confusione che non ha termine. E allora è tutta indarno l’opera dei vocabolari, i quali dalla sapienza dei dotti ad altro fine non sono stati ideati, che a contenere il corso della favella dentro i confini della perfezione, e a comprimere lo spirito della licenza, che, abbandonata a tutto il suo impeto, la condurrebbe ad una totale dissoluzione.
“Un altro grave difetto è pur da notarsi nel Bergantini. Classico o non classico, ci porta il nuovo vocabolo senza mai portarne l’esempio. Questo
- ↑ Questo rapporto, destinato al Reggente, era firmato da De Capitani consigliere e Bernardoni secretano. Il Bernardoni, autore di varie operette poetiche e filologiche, è morto il 1852. Paolo De Capitani, divenuto poi consigliere aulico presso il vicerè, entrò come membro onorario dell’Istituto nel 1838, e morì il 1846, di 69 anni.