Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/289

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frà bernardino ochino 279

sogno, non fo altro che pregare Iddio per voi, ed ora di nuovo umilmente lo prego che gli piaccia d’illuminarvi ed ajutarvi».

Il cardinale Sadoleto al cardinale Farnese, scriveva:

— Io non so se si vede e si conosce la gran piaga che ha fatto fra Bernardino alle cose della religione e della santa sede: la qual piaga è per allargarsi ogni di più e farsi grande: e credo che a medicarla, o almeno ad ostare ch’ella vada tanto avanti, io non sarò inutile medico».

Il cardinale Caraffa, che poi fu papa, deplorava quell’apostasia colle parole onde la Scrittura deplora la caduta dell’angelo Lucifero1.

— Ancor ci suonano nelle orecchie quelle tue splendidissime prediche, dei beni della continenza, della devozione alle cose sacre, dell’osservar i digiuni, de’ panegirici di santi, delle lodi di monaci, dell’onor della povertà: ancora ci stai davanti agli occhi co’ piedi scalzi, mal in arnese, mal acconcio; ancora hai freddo, hai fame, hai sete, sei nudo: ed or tra cibi e bevande, dilicature e letti fra molli coltri, in vulgari taverne, fra beoni, fra incestuosi, fra bestemmiatori, svergognato apostata soffri d’esser veduto? Dove son quelle tue magnifiche voci del disprezzo del mondo, della beatitudine delle persecuzioni, della costanza nelle cose avverse? Dove le acutissime tue invettive contro la cupidigia dei beni, la vanità delle ambizioni, le false insanie? Tutto è confuso, tutto disfatto. Dove tu stesso, che predicavi di non rubare e rubi, di non adulterare e adulteri? tu maestro distruggi tutta l’opera che dianzi insegnavi. Chi darà agli occhi miei una fonte di lacrime per pianger giorno e notte un bastone della Chiesa spezzato, un maestro di popoli accecato, un pastore mutato in lupo? Che hai tu a vedere colle barbare genti? Che colla straniera nutrice, che colla matrigna, che colla meretrice la quale uccise il proprio figlio, e cerca separare il figlio vivente dalla vera madre? Riconosci il seno che ti nutriva, la voce di quella che piange, e grida, Torna, diletto mio, come la capra e il cerbiatto sul monte degli aromi. Sarà mite per te la verga del sommo pastore; troverai un padre indulgente, qualor ti mostri figlio ravveduto. Ti commuovano il coro de’ santi, le preci de’ fratelli tuoi, le lacrime de’ figli; non deludere, non vilipendere quelli per cui Cristo è morto...

  1. È riferita nella Storia dei Teatini di Giovanni Battista vescovo di Acerra.