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cerchiate di platani, connessi dall’edera e dal flessibile acanto, e i viali ornati di bosso o di rosmarino, e i sedili di marmo caristio, e gli zampilli d’acqua riuscenti in vasca di bronzo, e il labirinto verde, e il tempietto di marmo, e le statue, e i mobili, i libri, i cavalli, gli argenti, gli schiavi, ci fanno meravigliare come tanto potesse avere un privato, che non era de’ più ricchi, e che pur possedeva una casina a Tuscolo, una a Tivoli è a Preneste in commemorazione di Tullio e d’Orazio.
Oltre le epistole1, lo credettero autore di storie, e alcuni gli attribuiscono le vite, comunemente intitolate da Cornelio Nepote. Ma egli in un’epistola a Capitone si scusa dallo stendere storie, e Sidonio Apollinare ci assicura che Tacito intraprese i suoi Annali perchè vi si era ricusato Plinio. Bensì fece una tragedia greca, perduta come i suoi versi greci e latini; e tuttochè onest’uomo e di spirito grave e dignitoso, scrisse endecasillabi lascivi, dei quali si scusa con troppi esempj.
Vedemmo ch’egli, come molti oratori, credeva necessario l’esercizio poetico per formarsi alla prosa; ma Quintiliano diceva: — La poesia è nata per l’ostentazione, l’eloquenza per l’utilità. Noi oratori siam soldati sotto le armi, e non ballerini da corda; combattiamo per interessi rilevanti, per vittorie serie. L’armi nostre devono brillare e colpire al tempo stesso; avere il lusso terribile dell’acciajo, non la brunitura dell’oro e dell’argento. Via quell’abbondanza lattea, che annunzia uno stile infermiccio; parlate con sanità».
E nitidezza avea Plinio, non sempre forza e spontaneità. Giornalista officioso della letteratura di quel tempo, egli c’informa della futilità di quelle consorterie, che invitate come si trattasse d’aprire un testamento, si raccoglievano per applaudire non per consigliare, per divertir sè, non per giovare all’autore. Claudio, Nerone, Domiziano vi assisteano non solo, ma vi leggeano tra obbligati applausi. Un nuovo galateo erasi combinato per codeste letture, dove s’insegnava:
- ↑ Il marchese Poleni, sull’autorità del Fabricio, crede le epistole di Plinio fossero la prima volta stampate a Bologna il 1498: allora però non erano che poche, e il resto fu scoperto in Francia dall’architetto frà Giocondo da Verona; e le diede ad Aldo Manuzio, che le stampò a Venezia il 1508. La migliore edizione si reputa quella di Curzio e Langolio ad Amsterdam, 1734.
de campagne de Pline le Jeune. restituée d’après la description de Pline. È il Castel Porziano, comprato testè da Vittorio Emanuele: e può dare idea delle ville romane, per riscontro al Palais de Scaurus, che descrive i palazzi di città.