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Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/78

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68 illustri italiani

curante l’armonia delle parole» . Quando quel tragico esclama «Pensar li fo», egli risponde: — Il filosofo fa pensare, il poeta fa sentire» . Contro un sonettaccio dell’Alfieri scrisse dappoi un sonettaccio ove lo chiama

Un cinico, un superbo, un d’ogni Stato
Furente turbator, fabbro d’incolti
Ispidi carmi, che gli onesti volti
Han d’Apollo e d’Amore insanguinato:

nella Prolusione lo definisce «ingegno supremo, che bastava per sè solo a dar nome al suo secolo e a creare la gloria d’una nazione»: ma in fine a Giovanni Rosini scriveva, nel 1807: — È forza che l’Italia, o presto o tardi, si persuada che Alfieri è un grande ingegno, ma mancante di gusto nel verseggiare, e il rovescio della natura nel dipingere le passioni, che in lui sono tutte affare di testa, senza licenza del cuore».

Uditolo dunque, volle emularlo; ma lirico, fluido, bello, non poteva stringarsi entro la corazza di quello, e predilesse le forme per cui erano già piaciuti il Maffei, il Varano, il Conti. l’Aristodemo (1787) presenta una feroce ambizione, punita da un delirio suicida, press’a poco come il Saul; ma tutto vi è lirico, il personaggio di Cesira, il trattato di pace, i racconti, i colloquj; gli spettatori rimangono scossi da quel frenetico, sempre coi capelli irti e il pugno teso; il letterato si bea della splendida verseggiatura; il pedante loda l’osservanza delle tre unità, quand’anche per mantenerle abbia a collocarsi una tomba nella sala d’udienza. Allora non faceva ancor paura ai regnanti il declamare contro i tiranni; ed altra imitazione d’Alfieri n’è l’intimare «che mal si compra coi delitti il soglio».

Quando fu recitato, egli racconta, «da trenta giorni era entrato nei cervelli romani il fanatismo; poi, finita la rappresentazione, la sua casa fu inondata di gente che parevano forsennate dal piacere»1.

  1. Dionigi Strocchi, il 14 febbrajo 1786, scriveva da Roma: — Domenica passata Monti fece una recita generale della sua tragedia per due volte; la mattina in sua casa, la sera in quella del cardinal Boschi. Non vi so dire abbastanza la sorpresa, la compunzione, e le lagrime di tutti. Non v’è dubbio, quella tragedia è un capo d’opera. Io stimava Monti infinitamente: pure ha superato la mia aspettazione. Il giudizio che si dà comunemente di questa tragedia è che sia il miglior lavoro di teatro che abbia l’Italia. So che queste cose vi accresceranno la voglia di leggerla; ma quanta voi ne avete di leggerla, altrettanta io ne ho di mandarvela».